Italia primo produttore farmaceutico

L’Italia è il primo produttore farmaceutico dell’Unione Europea: dopo anni di inseguimento, ha infatti superato la Germania, con oltre 321 miliardi di euro per produzione di farmaci.

Un successo evidenziato dai dati che sono stati presentati nel corso del convegno “Il ruolo sociale dell’industria farmaceutica italiana. Ricerca scientifica, innovazione, sviluppo e occupazione”, organizzato presso il Senato dalle 13 aziende di medie grandi dimensioni a capitale italiano (Fab13), aderenti a Farmindustria. L’Italia è la prima piattaforma produttiva farmaceutica in Europa che, nonostante la crisi, è riuscita ad aumentare la produzione, fatturato e numero di dipendenti.
Nel corso dell’evento è stato presentato l’aggiornamento a ottobre 2019 del Rapporto Nomisma “Industria 2030. Il rapporto analizza i punti di forza e i risultati ottenuti, mettendo in mostra un continuo ed elevato aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo e la crescita di produzione e occupazione.

Un significativo irrobustimento dell’export: le esportazioni del settore farmaceutico hanno toccato i 25,9 miliardi di euro nel 2018 (+4,7% rispetto al 2017). La prospettiva per il 2019 è positiva, come confermano i dati del primo semestre, che indicano un aumento anno su anno da 12,6 miliardi a 16,1 miliardi. I ricavi aggregati delle Fab13 arrivano a circa 11,6 miliardi nel 2018 (+4% sul 2017).
L’obiettivo di realizzare un progresso a lungo termine è testimoniato dall’aumento degli investimenti in attività di Ricerca e Sviluppo. Le Fab 13 hanno investito l’8,7% dei ricavi del 2018 in Ricerca e Sviluppo.

Secondo la sottosegretaria alla Salute, Sandra Zampa, per la prima volta si sta tutelando concretamente e non solo a parole, il diritto alla salute, stabilito dall’articolo 32 della Costituzione: non si parla più di tagli, di riduzione, ma di abolizione del superticket, 10 euro per ogni ricetta, e di 2 miliardi in più nel fondo sanitario nazionale e 2 miliardi in più che andranno all’edilizia ospedaliera e al rinnovo delle tecnologie.

AIFA, dirigenti indagati

I farmaci Avastin e Lucentis, utilizzati nella cura della più diffusa patologia della vista tra gli anziani e di altre gravi malattie oculari, avevano la stessa equivalenza terapeutica, ma nonostante questo il primo non è stato inserito tra i prodotti rimborsabili dal Servizio Sanitario nazionale. Inoltre sono state poste una serie di limitazioni al suo utilizzo, fino al 2017, cagionando un danno all’erario quantificato in 200 milioni di euro. Per questo alcuni dirigenti dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, sono stati indagati dalla Corte di Conti del Lazio insieme con i membri pro-tempore della Commissione consultiva tecnico scientifica della stessa Agenzia. Gli accertamenti sono stati svolti dai finanzieri del Nucleo di Polizia economico finanziaria di Roma, coordinati dal procuratore regionale della Corte dei Conti e dal vice procuratore. La Guardia di Finanza ha notificato ai soggetti coinvolti un invito a dedurre per l’indagine: entro 60 giorni i dirigenti dell’Aifa e i Componenti della Commissione tecnico scientifica dell’Agenzia dovranno fornire la loro versione alla Corte dei Conti.
Cinque anni fa l’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato ha multato con una sanzione di oltre 180 milioni due case farmaceutiche produttrici, Roche e Novartis, per aver ostacolato la diffusione dell’uso del farmaco Avastin, molto economico, a vantaggio di un prodotto molto più caro, Lucentis, differenziando arbitrariamente i due prodotti. Oltre che per la cura di patologie oculari, i farmaci in questione sono impiegati per il trattamento di varie forme tumorali, tra cui quelli del colon-retto, del polmone e del rene. Le condotte delle imprese trovano la loro spiegazione economica nei rapporti tra i gruppi Roche e Novartis: Roche, infatti, aveva interesse ad aumentare le vendite di Lucentis perché attraverso la sua controllata Genentech otteneva su di esse rilevanti royalties da Novartis. Nonostante il ricorso delle due imprese farmaceutiche, la sanzione dell’Antitrust è stata confermata recentemente da una sentenza del Consiglio di Stato, condannandole anche al pagamento delle spese.

Antibiotici, aumenta il consumo

Antibiotici: secondo l’AIFA, il consumo è aumentato nel nostro Paese

Nel 2018 il consumo in Italia di antibiotici è aumentato dello 0,5 % rispetto all’anno precedente. Un valore in lievissimo aumento, dato che lo scorso anno era stato di 20,9 dosi al giorno per mille abitanti.

A rivelarlo è l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) nel rapporto nazionale.

È l’impiego inappropriato di antibiotici a preoccupare maggiormente: l’Aifa nel rapporto ha sottolineato la criticità della situazione italiana sia per quanto riguarda la diffusione dell’antibiotico-resistenza sia per il consumo degli antibiotici. La perdita di efficacia degli antibiotici, attualmente disponibili, rischia di mettere in crisi i sistemi sanitari, causando sia l’aumento della mortalità per infezioni che maggiori costi sanitari e sociali.

Secondo il rapporto Aifa, è inopportuno l’uso di antibiotici a seguito di una diagnosi di influenza, raffreddore comune o laringotracheite acuta. È altresì inutile e sbagliato prescrivere amoxicillina e acido clavulanico nei bambini, anziché la sola amoxicillina. Per questo motivo ridurre l’uso di antibiotici è fondamentale per contrastare la diffusione dell’antibiotico-resistenza. Le prescrizioni, come indicato nel rapporto, si concentrano prevalentemente nei canali dei medici di medicina generale e in quelli pediatrici, con il 75,2% del totale degli antibiotici dispensati. Rispetto alla media europea, l’Italia consuma il 6% in più di antibiotici.
Utilizzare gli antibiotici con attenzione deve essere un impegno e un dovere per tutti, dai professionisti sanitari alla popolazione generale.

L’Aifa ricorda che l’uso smoderato degli antibiotici concorre ad aggravare il problema della resistenza batterica, rendendo sempre meno efficaci farmaci che in molte situazioni rappresentano dei veri e propri salvavita.

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Regione Campania, farmaco gratuito contro il melanoma

Ogni anno, in Italia, 7000 persone muoiono colpiti da melanoma, una delle forme più aggressive di tumore della pelle, e circa il 40% dei pazienti con malattia alla stadio avanzato presenta le metastasi celebrali.

Un recente studio ha dimostrato come un nuovo trattamento combinato, che consente l’uso di due principi attivi, l’Ipilimumab e il Nivolumab, riesca a far aumentare il tasso di sopravvivenza dei pazienti affetti da melanoma: un paziente su due è vivo grazie a questa combinazione.

Si tratta di una terapia immunologica mirata a risvegliare il sistema immunitario per combattere il tumore, già approvata dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), dal costo di 60mila euro l’anno. Una cura innovativa ma che, non essendo rimborsata dal Servizio Sanitario Nazionale, sarebbe economicamente accessibile a pochi pazienti. Il ‘‘Pascale’’, l’istituto Nazionale Tumori di Napoli, riconosciuto a livello mondiale proprio per la cura del melanoma, non è rimasto indifferente alla notizia e in accordo con la Regione Campania, ha deciso di garantire gratuitamente questa cura a tutti i pazienti che ne hanno necessità.

Grazie al provvedimento regionale, che non sarebbe stato possibile senza la decisione del Presidente De Luca, verrà garantito un vero e proprio percorso terapeutico adeguato e tempestivo, un salvavita per i malati affetti da melanoma con metastasi celebrali.

Antibiotici, perché è importante moderarne l’uso

Lo sviluppo e l’introduzione, a partire dalla seconda meta del XX secolo, degli antibiotici ha contribuito a migliorare in modo significativo la salute della popolazione.

Tuttavia, affinché continuino ad essere di supporto, tali farmaci devono essere utilizzati soltanto su prescrizione dei medici ed è essenziale che siano assunti per il tempo necessario e alle dosi prescritte esclusivamente per il trattamento delle infezioni causate da batteri. L’eventuale utilizzo inappropriato di antibiotici e, in alcuni casi, la cattiva abitudine, da parte dei pazienti, di non rispettare alla lettera le prescrizioni del medico, può facilitare la diffusione della resistenza antibiotica: il processo naturale per cui i batteri divengono resistenti a quegli antibiotici che una volta erano in grado di sconfiggerli. Un uso scorretto degli antibiotici potrebbe, dunque, riportarci indietro nel tempo, quando gli antibiotici non esistevano e le malattie infettive avevano frequentemente un esito fatale.

Secondo gli ultimi dati Ocse, riportati dal Presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, la quota di infezioni in Italia è cresciuta notevolmente con una percentuale quasi doppia rispetto alla media Ocse. Tra le cause anche e soprattutto l’uso smodato di antibiotici. A contribuire anche l’utilizzo estensivo e talvolta non necessario degli antibiotici in agricoltura e negli allevamenti, che avrebbe consentito a ceppi farmaco di arrivare all’uomo attraverso la catena alimentare. Anche se non ci sono dati evidenti in questo senso, poiché secondo le analisi condotte da veterinari e Carabinieri dei Nas, le contaminazioni degli alimenti con antibiotici è residuale (0,5%).

Il presidente di Farmindustria ha dichiarato che ci sono 60 nuovi antibiotici in fase di sviluppo, studiati appositamente per sconfiggere i batteri più resistenti, e circa 40 potrebbero essere autorizzati per il commercio. Inoltre, Farmindustria, per prevenire e controllare le resistenze agli antibiotici, sta sviluppando una ‘‘rete’’ con le istituzioni e società scientifiche per diffondere la sensibilizzazione al corretto uso degli antibiotici e affrontare il tema della resistenza antibiotica a partire dalla informazione nelle scuole. Anche il presidente dell’Associazione nazionale medici veterinari (ANMVI,) Marco Pelosi, ha dimostrato come la ricetta elettronica veterinaria, introdotta in Italia, sta avendo effetti positivi sulla tracciabilità e l’uso moderato degli antibiotici negli animali: secondo i dati vi è una diminuzione negli allevamenti di circa il 30%.
Gli antibiotici sono un bene prezioso che si sta esaurendo nel tempo. Affinché la loro efficacia possa rimanere inalterata in futuro è necessario che tutti contribuiscano attraverso un uso corretto e responsabile.

Italia, cresce il numero delle sperimentazioni

Secondo gli ultimi dati dell’Aifa, l’Agenzia del Farmaco Italiano, il numero delle sperimentazioni per testare nuove terapie in Italia, è cresciuto del 20% rispetto al calo del 2017, più che nel resto d’Europa.

I risultati potrebbero essere frutto dell’avvicinarsi della Brexit, con lo spostamento degli sponsor verso gli Stati membri, ma potrebbero indicare anche un aumento di fiducia del sistema italiano delle sperimentazioni cliniche.

Sulla base dei dati raccolti dall’Agenzia Italiana del Farmaco, il settore in cui la ricerca è maggiormente impegnata è quello oncologico e quello del biotech con numeri importanti anche per le ricerche iniziali sull’efficacia di una nuova cura.

Secondo Massimo Scaccabarozzi, Presidente di Farmindustria: “la ricerca è il cuore pulsante dell’industria farmaceutica e lo dimostrano gli oltre 700 milioni di euro investiti nelle strutture ospedaliere, rendendo disponibili a titolo gratuito terapie innovative, in modo da consentire ai medici e ricercatori di approcciarsi e fare esperienza con terapie nuove “.

L’aumento riguarda tutte le tipologie di sperimentazioni: anche le ricerche sulle malattie rare (31,5%), le no profit (27,3%) e quelle in ambito pediatrico (11,4%). Il presidente di Farmindustria, inoltre, aggiunge che l’Italia può contare su efficienti ricercatori, che sono spesso tra le prime posizioni, e sulla qualità dell’accademia che nelle medicina primeggia a livello mondiale.

Tuttavia le sperimentazioni non sono ancora semplici a causa di diversi fattori: l’eccessivo numero di comitati etici, i tempi dei loro pareri troppo lenti, una burocrazia eccessiva. Nei prossimi cinque anni saranno investiti miliardi e quindi è indispensabile intercettare sempre più terapie innovative.

Uso e abuso di antibiotici, i rischi

Lo sviluppo e l’introduzione, a partire dalla seconda meta del XX secolo, degli antibiotici ha contribuito a migliorare in modo significativo la salute della popolazione.

Tali farmaci devono essere utilizzati soltanto su prescrizione dei medici ed è essenziale che siano assunti per il tempo necessario e alle dosi prescritte esclusivamente per il trattamento delle infezioni causate da batteri. L’eventuale utilizzo inappropriato di antibiotici e, in alcuni casi, la cattiva abitudine, da parte dei pazienti, di non rispettare alla lettera le prescrizioni del medico, può facilitare la diffusione della resistenza antibiotica: il processo naturale per cui i batteri divengono resistenti a quegli antibiotici che una volta erano in grado di sconfiggerli.

Un uso scorretto degli antibiotici potrebbe, dunque, riportarci indietro nel tempo, quando gli antibiotici non esistevano e le malattie infettive avevano frequentemente un esito fatale. Secondo gli ultimi dati Ocse, riportati dal Presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, la quota di infezioni in Italia è cresciuta notevolmente con una percentuale quasi doppia rispetto alla media Ocse. Tra le cause anche e soprattutto l’uso smodato di antibiotici.

A contribuire anche l’utilizzo estensivo e talvolta non necessario degli antibiotici in agricoltura e negli allevamenti, che avrebbe consentito a ceppi farmaco di arrivare all’uomo attraverso la catena alimentare. Anche se non ci sono dati evidenti in questo senso, poiché secondo le analisi condotte da veterinari e Carabinieri dei Nas, le contaminazioni degli alimenti con antibiotici è residuale (0,5%).

Il presidente di Farmindustria ha inoltre dichiarato che ci sono 60 nuovi antibiotici in fase di sviluppo, studiati appositamente per sconfiggere i batteri più resistenti, e circa 40 potrebbero essere autorizzati per il commercio. Inoltre, Farmindustria, per prevenire e controllare le resistenze agli antibiotici, sta sviluppando una ‘‘rete’’ con le istituzioni e società scientifiche per diffondere la sensibilizzazione al corretto uso degli antibiotici e affrontare il tema della resistenza antibiotica a partire dalla informazione nelle scuole.

Anche il presidente dell’Associazione nazionale medici veterinari (ANMVI,) Marco Pelosi, ha dimostrato come la ricetta elettronica veterinaria, introdotta in Italia, sta avendo effetti positivi sulla tracciabilità e l’uso moderato degli antibiotici negli animali: secondo i dati vi è una diminuzione negli allevamenti di circa il 30%.
Gli antibiotici sono un bene prezioso che si sta esaurendo nel tempo. Affinché la loro efficacia possa rimanere inalterata in futuro è necessario che tutti contribuiscano attraverso un uso corretto e responsabile.

L’Aifa restringe l’esportazione del principio attivo famotidina

Dopo il blocco di farmaci contenenti ranitidina, tra le misure indirizzate ai pazienti in corso di terapia con tale principio attivo, l’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco, ha suggerito di sostituire, con l’intervento del medico curante, i medicinali con analoghi principi attivi aventi lo stesso effetto farmacologico.

Tra questi, i medicinali a base di famotidina, molecola della stessa classe terapeutica. La famotidina, come la ranitidina, appartiene alla classe dei farmaci H2 antagonisti.

A cosa serve? La famotidina viene utilizzata per trattare le ulcere allo stomaco e all’intestino, il reflusso gastroesofageo e condizioni in cui lo stomaco produce troppo acido come la sindrome di Zollinger-Ellison.

Può inoltre essere utilizzata per prevenire e trattare il bruciore di stomaco associato a indigestione e l’acidità che può essere scatenata da alcuni cibi o bevande. I farmaci a base di famotidina, infatti, sono utilizzati da pazienti affetti da ulcere gastriche e duodenali e reflusso gastroesofageo.
Pertanto, per garantire ai pazienti la disponibilità di medicinali a base di fomotidina e per prevenire ed evitare una situazione di carenza di questi farmaci, l’AIFA ha aggiornato l’elenco dei medicinali che non possono essere sottratti alla distribuzione e alla vendita. L’Agenzia ha disposto, così, il blocco temporaneo delle esportazioni di tutti i lotti di Famotidina EG 40 mg (10 compresse in blister rivestite) da parte dei distributori all’ingrosso. Questo al fine di garantire una fornitura di farmaci sufficiente a rispondere all’esigenze dell’intero territorio nazionale.

AIFA BLOCCA BUSCOPAN ANTIACIDO E ZANTAC

L’AIFA – agenzia italiana per il farmaco – ha disposto il divieto in via del tutto precauzionale per i prodotti  antiacido contenenti ranitidina, usati per alleviare bruciori di stomaco e reflusso, dopo aver già ritirato 195 farmaci con lo stesso principio attivo prodotti dalla ditta indiana Saraca Laboratories per possibili impurità cancerogene. È infatti in attesa di verificare se esiste effettivamente un rischio legato all’uso prolungato di questi farmaci.

A cosa serve la ranitidina?
La ranitidina (antagonista dei recettori H2 dell’istamina) è un inibitore della secrezione acida utilizzato nel trattamento dell’ulcera, del reflusso gastroesofageo, del bruciore di stomaco e di altre condizioni associate a ipersecrezione acida. In Italia è commercializzata sia come farmaco soggetto a prescrizione medica, sia come medicinale di automedicazione.

Perché si tratta di una sostanza pericolosa?
Sotto accusa è la Ndma (N-nitrosodimetilammina) considerata una sostanza probabilmente cancerogena per l’uomo dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
La N-nitrosodimetilamina, è stata riscontrata prima nel principio attivo ranitidina prodotto dall’officina Saraca Laboratories, ma al momento si stanno effettuando delle analisi per verificare la presenza di NDMA anche nella ranitidina prodotta da altri siti.

Quali sono i farmaci ritirati?
L’elenco diffuso dall’AIFA, fra cui rientrano prodotti molto diffusi, come Buscopan Antiacido e Zantac, contiene circa 516 lotti di farmaci vari. Si tratta di farmaci che sono stati bloccati, ovvero non ancora ritirati dalla catena di vendita e distribuzione, ma per i quali è stato imposto un divieto di commercializzazione e di utilizzo in attesa che le analisi chiariscano se sia o meno il caso di ritirarli. Aifa consiglia di consultare il sito dell’Agenzia del Farmaco per visualizzare l’elenco completo dei farmaci ancora autorizzati in Italia: i pazienti che sono in cura con questi farmaci, non devono sospendere il trattamento, ma consultare il medico di base o il farmacista in caso di dubbio, per discutere l’alternativa terapeutica più adatta alle esigenze.
L’AIFA sta ora collaborando con l’Agenzia Europea per i medicinali (Ema) e altre agenzie per valutare il grado di contaminazione nei prodotti e adottare misure correttive.

Cefazolina, il principio attivo efficace contro le infezioni

La Cefazolina è un farmaco essenziale di classe A, un antibiotico di tipo β-lattamico, che necessita della ricetta medica e va somministrato nei casi di effettiva necessità, sempre e solo sotto il diretto controllo del medico. La cefazolina è, fra tutte le celefasporine di prima generazione, la meno irritante.

Per cosa si usa?

L’utilizzo della Cefazolina è indicato per il trattamento d’infezioni causate da batteri sensibili alla cefazolina stessa, fra cui: infezioni delle vie aeree, infezioni genito-urinarie, infezioni ginecologiche, infezioni della pelle e dei tessuti molli, delle ossa e delle articolazioni. E’, inoltre, utilizzata per il trattamento di endocarditi, flebiti, tromboflebiti, peritoniti, sepsi puerperali, setticemia.

Quale è la dose consigliata?

La dose giornaliera raccomandata negli adulti varia da 1000 a 2000 mg, suddivisi in due dosi. Nei bambini, il dosaggio va da 30 a 50 mg/kg di peso corporeo, nell’arco delle 24 ore. La Cefazolina è disponibile per la somministrazione intramuscolare. Si trova sotto forma di polvere e solvente per soluzione iniettabile che devono essere miscelati appena prima della somministrazione del farmaco stesso. La posologia della cefazolina deve essere stabilita dal medico in funzione del tipo e della gravità dell’infezione che s’intende trattare e in funzione delle condizioni di salute del paziente.

Avvertenze?

Prima di iniziare la terapia a base di cefazolina è necessario escludere eventuali allergie nei confronti di antibiotici β-lattamici. In caso di comparsa di reazioni allergiche, il trattamento con cefazolina deve essere immediatamente sospeso. Il trattamento con cefazolina, difatti, può favorire lo sviluppo di batteri resistenti all’antibiotico stesso, oppure può favorire la comparsa di superinfezioni e l’insorgenza della colite pseudomembranosa. I casi lievi di colite pseudomembranosa, di solito, si risolvono con la semplice interruzione del trattamento. I casi più gravi, invece, richiedono un trattamento farmacologico. Ed è per questo che va usata cautela nella somministrazione di cefazolina a pazienti che hanno sofferto di patologie gastrointestinali, in particolar modo, di colite. A causa della nefrotossicità della cefazolina, ossia l’azione tossica che esercita sui tessuti renali, nei pazienti con sospette patologie renali è fondamentale eseguire opportuni controlli della funzionalità renale prima di cominciare il trattamento con il farmaco. Nei pazienti sopra i 50 anni di età, quelli con una storia di patologie renali e i pazienti che assumono anche altri farmaci nefrotossici si presenta un rischio maggiore d’insorgenza di tossicità renale.

Quali sono gli eventuali effetti collaterali?

La Cefazolina può causare vari tipi di effetti collaterali: che si presentano a seconda della diversa sensibilità di ciascun individuo nei confronti del farmaco. Tra le reazioni si possono manifestare orticaria, eruzioni cutanee, febbre, dermatite, edema, convulsioni, spesso dovute anche ad un sovradosaggio da cefazolina, ect. Generalmente gli effetti indesiderati, a carico del sistema gastro-intestinale, sono lievi e transitori. L’uso di Cefazolina in gravidanza dovrebbe essere effettuato solo in casi di reale necessità.