AIFA, dirigenti indagati
I farmaci Avastin e Lucentis, utilizzati nella cura della più diffusa patologia della vista tra gli anziani e di altre gravi malattie oculari, avevano la stessa equivalenza terapeutica, ma nonostante questo il primo non è stato inserito tra i prodotti rimborsabili dal Servizio Sanitario nazionale. Inoltre sono state poste una serie di limitazioni al suo utilizzo, fino al 2017, cagionando un danno all’erario quantificato in 200 milioni di euro. Per questo alcuni dirigenti dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, sono stati indagati dalla Corte di Conti del Lazio insieme con i membri pro-tempore della Commissione consultiva tecnico scientifica della stessa Agenzia. Gli accertamenti sono stati svolti dai finanzieri del Nucleo di Polizia economico finanziaria di Roma, coordinati dal procuratore regionale della Corte dei Conti e dal vice procuratore. La Guardia di Finanza ha notificato ai soggetti coinvolti un invito a dedurre per l’indagine: entro 60 giorni i dirigenti dell’Aifa e i Componenti della Commissione tecnico scientifica dell’Agenzia dovranno fornire la loro versione alla Corte dei Conti.
Cinque anni fa l’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato ha multato con una sanzione di oltre 180 milioni due case farmaceutiche produttrici, Roche e Novartis, per aver ostacolato la diffusione dell’uso del farmaco Avastin, molto economico, a vantaggio di un prodotto molto più caro, Lucentis, differenziando arbitrariamente i due prodotti. Oltre che per la cura di patologie oculari, i farmaci in questione sono impiegati per il trattamento di varie forme tumorali, tra cui quelli del colon-retto, del polmone e del rene. Le condotte delle imprese trovano la loro spiegazione economica nei rapporti tra i gruppi Roche e Novartis: Roche, infatti, aveva interesse ad aumentare le vendite di Lucentis perché attraverso la sua controllata Genentech otteneva su di esse rilevanti royalties da Novartis. Nonostante il ricorso delle due imprese farmaceutiche, la sanzione dell’Antitrust è stata confermata recentemente da una sentenza del Consiglio di Stato, condannandole anche al pagamento delle spese.