Farmaci, gli italiani preferiscono quelli di marca

I farmaci equivalenti restano lontani dal portafoglio degli italiani. Diffidenti e poco informati, gli italiani sono gli ultimi in Europa per utilizzo di farmaci equivalenti e preferiscono quelli di marca.

L’ultimo Report della Fondazione Gimbe sulla compartecipazione degli italiani alla spesa sanitaria riporta una cifra che sfiora i 3 miliardi nel 2019 (trend stabile nel quinquennio e con un calo di 32,2 milioni sul 2018).

Questo rappresenta non solo i variegati approcci regionali nelle richieste di contribuzione ai cittadini su medicinali, prestazioni specialistiche e di Pronto soccorso, ma anche di una mancanza di “cultura del buon spendere in sanità”, da parte degli utenti.

A guardare la compartecipazione nel complesso, il range della quota pro capite per i ticket varia dai 33,5 euro in Sardegna ai 90,8 euro in Valle d’Aosta, mentre per i farmaci l’importo passa dai 15,3 euro del Piemonte ai 36,4 della Campania e per la specialistica dagli 8,5 euro della Sicilia ai 65,3 della Valle d’Aosta.

Ad incidere è anche l’approccio dei cittadini alla scelta del farmaco, che tra 2014 e 2019 pesa sempre più (+10,1%) sulla compartecipazione e in cui la preferenza per i generici in mezza Italia ha un suo ruolo fondamentale.

Spicca l’ostinata e ingiustificata resistenza ai farmaci equivalenti in tutte le Regioni del Centro-Sud che registrano una spesa per medicinali di marca più alta rispetto alla media nazionale.

La quota differenziale per la scelta del farmaco di marca oscilla secondo il Report Gimbe da 11,4 euro pro capite della Provincia autonoma di Bolzano a 24,9 euro del Lazio. A seguire la Calabria (24,7 euro), la Sicilia (23,9 euro), la Campania (23,3 euro), la Basilicata e il Molise (22,5 euro), la Puglia (22 euro), l’Abruzzo (21,5), l’Umbria (20,8 euro) e le Marche (20,3 euro).

L’allerta del Ministero della Salute: lampade UV in vendita on line non sono efficaci contro il Covid-19

Il ministero della Salute ha segnalato la vendita on line di alcune lampade UV che vantano poteri sterilizzanti nei confronti di virus e batteri, compreso il Covid-19.

L’efficacia dei raggi UV-C nella santificazione di alimenti, acqua e aria è contenuta nel rapporto COVID-19 n. 25/2020 – Raccomandazioni ad interim sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza COVID-19: superfici, ambienti interni e abbigliamento, secondo cui la radiazione UV-C ha la capacità di modificare il DNA o l’RNA dei microorganismi, impedendo loro di riprodursi e, quindi, di essere dannosi.

Tuttavia, le lampade UV, in vendita su canali online, non emettono raggi UV-C e risultano, quindi, inefficaci; altre lampade emanano dosi di raggi UV-A, UV-B, UV-C non conformi alle norme europee e, quindi, sono potenzialmente nocive per la salute.

L’allerta giunge dal rapporto RAPEX del 10 luglio e riguarda diversi prodotti commercializzati on line ai quali viene attribuito un livello di allerta e rischio serio.

Secondo il rapporto diversi prodotti esaminati non emettono radiazioni UV-C. Di conseguenza, potrebbero non uccidere batteri o virus che, quindi, potrebbero raggiungere l’utente aumentando il rischio di infezione.

Il rapporto evidenzia, anche, rischi per la salute dovuti a dosaggi di raggi UV-A, UV-B, UV-C non conformi alla norma europea UN62471. Questo espone un utente che si trovi nelle immediate vicinanze del prodotto a una dose non sicura di radiazioni UV agli occhi o alla pelle, aumentando il rischio di gravi lesioni o cancro.

Oltre ad essere inefficaci contro il coronavirus e a presentare rischi per la salute, i prodotti segnalati, vantando attività sterilizzante nei confronti di virus e batteri, possono indurre nelle persone che li utilizzano un falso senso di sicurezza, potenzialmente pericoloso.

FARMACI E SOLE: QUALI EVITARE?

Nella stagione estiva l’esposizione ai raggi solari e alle elevate temperature possono comportare potenziali rischi per la nostra salute.

É fondamentale, dunque, prestare particolare attenzione ai farmaci assunti in questo periodo, perché la calura e l’intensità dei raggi UV possono incidere sull’integrità, l’efficacia e la sicurezza dei prodotti nonché sugli effetti degli stessi medicinali sul nostro organismo.

Difatti, ci sono farmaci che, se assunti durante l’esposizione, possono interagire con il sole e dar luogo a reazioni visibili sulla pelle.

Le reazioni di fotosensibilizzazione stanno divenendo sempre più frequenti, sia perché il desiderio di abbronzarsi induce ad esporsi al sole e/o a lampade abbronzanti, sia per l’aumentato numero di sostanze fotosensibilizzanti tra i farmaci e i componenti dei prodotti cosmetici.

Alcune possibili reazioni sono dermatiti, eczemi, macchie scure. È fondamentale, dunque, controllare scrupolosamente i foglietti illustrativi.

Tra i farmaci più comuni che è meglio non associare alle più intense sedute di tintarella, ci sono:

-antibiotici (tetracicline, chinolonici, sulfamidici)

-contraccettivi orali (pillola)

-farmaci antinfiammatori (in particolare il ketoprofene per uso topico)

-prometazina (antistaminico)

Per tutti gli altri medicinali è sempre opportuno verificarne prima la compatibilità con i raggi solari e, in caso di malattie croniche, in cui sia impossibile la sospensione del farmaco, sarà necessario evitare del tutto l’esposizione.

In particolare, l’AIFA raccomanda prudenza con il ketoprofene, un antinfiammatorio e antidolorifico, che tra gli effetti collaterali ha proprio la fotosensibilizzazione. Se applicato sulla pelle da una persona che poi si espone al sole, può causare fotoallergia, cioè una reazione allergica mediata dal sole, talmente grave da dover richiedere, in alcuni casi, l’ospedalizzazione.

Covid-19 e i suoi effetti: aumentate le vendite di farmaci per combattere ansia e insonnia

Non solo mascherine e gel disinfettanti, dopo il boom di richieste di questi prodotti, gli italiani hanno cercato di gestire l’accentuata paura da Coronavirus facendo sempre più ricorso a prodotti specifici per trattare l’ansia. E così, in molte farmacie, si è registrata un’impennata negli acquisti non solo di ansiolitici, ma anche di sedativi per indurre il sonno.

Non è solo il sistema respiratorio la vittima del Covid-19, direttamente o indirettamente il virus Sars-Cov-2 ha prodotto effetti anche sulla mente e sulla psiche a tal punto che è stato ravvisato soprattutto nel periodo del “lockdown” tra marzo e aprile un aumento sulle vendite di psicofarmaci dietro prescrizione medica e – analogamente – un boom di richieste sui prodotti da banco, naturali od omeopatici per contrastare gli sbalzi di umore e regolare il sonno.

I principali disturbi lamentati dai clienti hanno riguardato patologie o situazioni tali da richiedere medicinali specifici, dispensati solo dietro prescrizione medica.
Tra questi ci sono gli ipnotici (Zolpidem e Zopiclone) e gli ansiolitici benzodiazepinici come Diazepam, Alprazolam, Lorazepam conosciuti più comunemente nelle varianti di “Valium”, “Xanax” e “Tavor”.

A fare un uso maggiore di farmaci o soluzioni naturali per migliorare l’alternanza veglia-sonno e contrastare ansia e stress da pandemia sono state le donne, con un aumento delle giovanissime.
Motivo per cui è stato registrato anche un aumento di vendite di integratori naturali a base di melatonina ed escolzia spesso associati a passiflora, biancospino e valeriana per un’azione sinergica e un effetto rilassante.

Farmaci, boom di acquisti durante il lock-down

Il Covid-19 ha fatto esplodere la vendita di farmaci online: a rivelarlo l’analisi di Farmakom.

Nei primi quattro mesi del 2020 le vendite di farmaci e dispositivi medici online sono aumentate del 220% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. È uno degli effetti collaterali della pandemia.

Durante il lock-down, la maggior parte degli italiani, ha cercato di limitare al massimo le uscite e, nonostante le farmacie non abbiano mai chiuso, per farmaci da banco, integratori e dispositivi medici la comodità del web ha prevalso.

La mancanza di mascherine è stato uno dei motivi che ha influito in modo decisivo sul volume di vendite effettuate via web, anche perché altrove non si trovavano.

Ma in generale è tutto l’e-commerce ad aver avuto un boom in questi ultimi mesi.

Tra i dati rilevati da Farmakom, un’azienda italiana nata nel 2016 che si occupa di gestire l’e-commerce per le farmacie tradizionali, emerge che gli e- consumer italiani stanno continuando anche ora, a lock-down ormai terminato, ad acquistare farmaci online, in particolare integratori e dispositivi per la protezione individuale.

La maggior parte degli acquirenti si concentra in Lombardia (24% di tutte le ricerche nazionali), seguita a grande distanza da Veneto (11%), Lazio (10%), Piemonte (9%) ed Emilia Romagna (8%). Spostando il focus sulle città è Roma a prevalere, seppure di pochissimo, su Milano (8,2% contro l’8%).