Come conservare e utilizzare i farmaci in estate

Una corretta conservazione è indispensabile perché il farmaco mantenga le rispettive proprietà e non crei problemi al paziente.

Con l’aumento delle temperature e il caldo afoso, è bene prestare più attenzione a come si gestiscono, si trasportano e si conservano i farmaci. Questi, infatti, esattamente come avviene per i cibi, possono risentire del caldo ed alterarsi nella composizione, con effetti negativi sulla salute.

In questi giorni nel nostro Paese si stanno registrando temperature particolarmente elevate che, unite all’alto grado di umidità e all’esposizione ai raggi solari, possono comportare dei rischi per la salute, sia di natura diretta che indiretta.

Per questo motivo è importante una cautela particolare nell’assumere dei farmaci nel corso del periodo estivo in generale, e soprattutto durante le cosiddette ‘ondate di calore’, perché le condizioni ambientali possono incidere sull’integrità, l’efficacia e la sicurezza dei medicinali.

La corretta conservazione dei farmaci, sempre, ma soprattutto in estate, è una pratica necessaria e anche salvavita perché quando il principio attivo è alterato dalle alte temperature non è più efficace, è come se non lo avessimo assunto.

Alcuni farmaci, a causa del loro meccanismo di azione, possono interferire con la termoregolazione o alterare lo stato di idratazione. In casi estremi e solo su consiglio del medico curante può essere valutata la necessità di una rimodulazione della terapia.

Alcuni esempi:

  1. Anticolinergici: possono interferire con la termoregolazione, ridurre lo stato di vigilanza, ostacolare la sudorazione.
  2. Antipsicotici: possono inibire il meccanismo di sudorazione, diminuire la pressione arteriosa e la termoregolazione a livello centrale e ridurre lo stato di vigilanza, rendendo il soggetto incapace di adottare strategie difensive.
  3. Antistaminici: possono inibire il meccanismo di sudorazione e ridurre la pressione arteriosa.
  4. AntiParkinsoniani: possono inibire il meccanismo di sudorazione e ridurre la pressione arteriosa, causare vertigini e stato di confusione.
  5. Antidepressivi: possono ridurre la sudorazione, interferire con la termoregolazione centrale e ridurre lo stato di vigilanza.
  6. Ansiolitici e rilassanti muscolari: possono ridurre la sudorazione e causare vertigini, diminuire la gittata cardiaca e influenzare il raffreddamento tramite vasodilatazione, possono causare un aggravamento di sintomi respiratori.
  7. Antiadrenergici e beta-bloccanti: possono influenzare la dilatazione dei vasi sanguigni cutanei, riducendo la capacità di dissipare calore per convezione.
  8. Simpatomimetici: vasodilatatori, compresi nitrati e regolatori del canale del calcio, possono peggiorare l’ipotensione in soggetti vulnerabili.
  9. Antipertensivi e diuretici: possono condurre a disidratazione e ridurre la pressione sanguigna; un effetto collaterale comune è l’iponatremia che può essere aggravata da un eccesso di assunzione di liquidi.
  10. Antiepilettici: possono ridurre lo stato di vigilanza e aumentare lo stato di confusione.

Come conservare correttamente i farmaci in estate?

La regola base prevede di non lasciare mai qualsiasi farmaco all’interno dell’auto parcheggiata o nel bauletto della moto, ma appena ritirati dalla farmacia vanno portati nel minor tempo possibile a casa seguendo le istruzioni del farmacista soprattutto in presenza di farmaci termolabili, che si alterano facilmente al variare della temperatura.

Se si tratta di questo tipo di prodotto, sia farmaco che dispositivo medico, non va mai lasciato nemmeno per poche decine di minuti al caldo dell’abitacolo a meno che non si disponga di un contenitore refrigerato.

Per una corretta conservazione dei farmaci con il caldo, è bene che vengano riposti in luogo fresco e asciutto a una temperatura inferiore ai 25°. In questo modo è possibile assicurarsi che le caratteristiche farmacologiche e terapeutiche si mantengano inalterate per tutto il periodo di validità indicato sulla confezione.

Se invece la temperatura di conservazione è specificatamente indicata, non rispettarla potrebbe addirittura renderli dannosi. Nel caso di viaggi o soggiorni fuori casa i farmaci possono essere trasportati in un contenitore termico e occorre evitare sempre l’esposizione a fonti di calore e alla irradiazione solare diretta.

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Farmaci generici, crescita lenta

Nel 2020 i consumi in farmacia aumentano di poco (+0,3%) e in ospedale ancora meno (+0,2%).

Timida crescita pe il mercato italiano dei farmaci generici. In farmacia, nel 2020, i consumi sono cresciuti dello 0,3% rispetto all’anno precedente, rappresentando il 22,46% del totale delle confezioni. In termini di valore (1,5 miliardi di euro), la crescita è dello 0,4%, per una quota del 14,5 per cento.  È quanto emerge dal nuovo rapporto annuale di Egualia, l’associazione delle impese di farmaci generici e biosimilari.

Confezioni e valore

L’89% delle confezioni vendute è classificato in classe A, totalmente rimborsabile dal Ssn. Su un totale di 1,7 miliardi di confezioni di farmaci venduti in farmacia i generici-equivalenti rappresentano il 19,9% delle vendite in classe A, il 2,3% in classe C e appena lo 0,3% nell’area dell’automedicazione. A valori, l’82% del giro d’affari del comparto si concentra in classe A (16% in classe C; 2% nell’area dell’automedicazione).

Sul totale del mercato farmaceutico, i generici-equivalenti valgono il 22,46%, quasi alla pari con i farmaci “griffati” ora a brevetto scaduto (24,38%). I farmaci esclusivi (protetti o senza generico corrispondente) assorbono invece l’altro 53,16% del mercato complessivo. Per quanto riguarda invece il segmento complessivo dei farmaci fuori brevetto (generici ed ex branded), i generici-equivalenti ne assorbono il 30% contro il 70% detenuto dai brand a brevetto scaduto.

Consumi delle regioni

Si conferma anche nel 2020 una variabilità regionale nei consumi di farmaci equivalenti.  Prevale il Nord: 37,9% a unità e 29,7% a valori. Segue il Centro: 27,5% a unità e 22,6% a valori. Chiude il Sud: 22,7% a unità e 18,7% a valori.

La scelta dei cittadini

I cittadini hanno versato di tasca propria 1.051 milioni di euro per coprire la differenza tra il farmaco di marca off patent e il generico-equivalente interamente rimborsato dalla sanità pubblica. In questo caso, l’incidenza maggiore a livello regionale si registra in Molise (15,8% della spesa regionale Ssn nel canale retail) e nel Lazio (15,7%). Quella più bassa si registra in Lombardia (10,6%).

In ospedale

In ospedale, i generici-equivalenti assorbono nel 2020 il 30% del mercato a volumi (+0,2% rispetto al 2019). I farmaci esclusivi, sotto brevetto o privi di generico corrispondente, valgono invece il 33,1% del mercato in corsia.  Il mercato ospedaliero a brevetto scaduto a valori è assorbito per il 71% dai brand a brevetto scaduto e per il 29% dai generici-equivalenti.

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ASTRAZENECA: SECONDA DOSE UNDER 60

AstraZeneca e la seconda dose con un vaccino diverso

Il vaccino Vaxzevria (AstraZeneca) «raccomandato agli over 60»: questa la linea del Comitato tecnico scientifico, a conferma dei pareri di Ministero della Salute e Agenzia italiana del farmaco. I giovani verrebbero esclusi dalla somministrazione del vaccino a vettore virale, dopo i rari casi di trombosi che hanno colpito prevalentemente giovani donne.

Dopo il caso della 18enne morta a Genova e i dubbi sollevati da diversi scienziati, il ministero della Salute aggiorna le raccomandazioni relative all’utilizzo del farmaco dell’azienda anglo-svedese, già modificate tre volte dall’inizio dell’anno.

Il parere del Cts è arrivato dopo una lunga discussione tra gli esperti e dopo la richiesta di decisioni “chiare, inequivocabili e tempestive” da parte delle Regioni, che nel frattempo hanno sospeso tutte le prenotazioni per gli under 60 con Astrazeneca e gli open day, autorizzati a maggio dallo stesso Comitato.

Nel verbale del 12, infatti, i tecnici del governo avevano dato il via libera ai ‘vaccination day’ per tutti i cittadini sopra i 18 anni, non rilevando “motivi ostativi”.

Una scelta fatta perché in quel momento, con un’incidenza di 400 casi ogni 100mila abitanti, i casi di trombosi erano pari a 1.1 ogni 100mila abitanti mentre il numero delle vittime era di 8 ogni 100mila. Dunque erano maggiori i benefici dei rischi. Oggi però, grazie ad una maggiore disponibilità dei vaccini a Mrna e ad una situazione epidemiologica in netto miglioramento, i rischi superano i benefici: con un’incidenza sotto 50 casi (oggi siamo a 25) il rischio di trombosi resta comunque a 1.1 ogni 100mila abitanti mentre quello delle vittime prevedibili scende sotto l’1. Dunque si cambia.

Al di là di possibili eventuali problemi organizzativi, chi deve fare la seconda dose ‘eterologa’, con un vaccino diverso, è di fronte a dati non ancora consolidati e opinioni diverse degli esperti.

Uno studio inglese e uno spagnolo indicano che dopo” la prima somministrazione “si può fare un vaccino a Rna messaggero, ottenendo un buon risultato dal punto di vista della risposta anticorpale. A livello di sicurezza non c’è problema. D’altra parte non ci sono ragioni teoriche per pensare che non si possano usare due vaccini diversi.

La combinazione di vari componenti del vaccino è una pratica comune per migliorare la risposta anticorpale. Le diverse tecnologie coinvolte nei vaccini permetto di presentare al sistema immunitario lo stesso bersaglio, ma in modo leggermente diverso, provocando una risposta immunitaria più diversificata. È un po’ come dare al sistema immunitario due immagini del virus, una di fronte e una di profilo. I due vaccini la cui combinazione viene attualmente testata sono infatti di tipologie differenti: Pfizer è a RNA messaggero e trasferisce all’interno del corpo la parte del materiale genetico di SARS-CoV-2 che serve a costruire la proteina Spike che attiva la nostra risposta immunitaria, AstraZeneca si basa su vettore virale, che grazie a un virus innocuo (un adenovirus di scimpanzè) trasferisce nell’individuo la parte del materiale genetico (Dna) necessario a costruire la stessa proteina.

I ricercatori sperano si inneschino risposte immunitarie più forti e robuste rispetto a due dosi di un singolo vaccino e questo vantaggio potrebbe servire alle campagne vaccinali quando vi siano incertezze e dubbi su qualche vaccino in particolare, ma anche quando sia necessario far fronte a forniture fluttuanti.

Alzheimer, approvato primo farmaco per rallentare la progressione della malattia

Si chiama Aducanumab e sarebbe in grado di intervenire sul decorso della malattia prima della fase degenerativa.

Approvato dopo 20 anni, un farmaco contro l’Alzheimer.

L’Alzheimer oggi colpisce circa il 5% delle persone con più di 60 anni e in Italia, si stimano circa 500 mila ammalati. Una malattia che colpisce la memoria e le funzioni cognitive, si ripercuote sulla capacità di parlare e di pensare ma può causare anche altri problemi fra cui stati di confusione, cambiamenti di umore e disorientamento spazio-temporale. Sebbene il morbo di Alzheimer sia stato identificato per la prima volta più di un secolo fa, i trattamenti efficaci nel corso degli anni si sono dimostrati piuttosto deboli. I pochi farmaci per l’Alzheimer attualmente in uso sembrano avere effetti limitati: nel migliore dei casi aiutano alcune persone ritardando il peggioramento dei sintomi, anche se in seguito progrediscono più velocemente.

Ma finalmente dopo due decenni di fallimenti della ricerca in questo campo, si accendono nuove speranze.

L’agenzia statunitense per i farmaci (FDA), ha approvato l’uso del farmaco sperimentale Aducanumab per contrastare l’Alzheimer nelle sue prime fasi.

L’obiettivo del farmaco è quello di rallentare la progressione della malattia. Il farmaco è stato sviluppato dalla società farmaceutica Biogen in collaborazione con la giapponese Eisai per i pazienti con decadimento cognitivo lieve, ma non per coloro con un decorso più marcato; Aducanumab rappresenta e aumenta le speranze di milioni di pazienti di tutto il mondo. Ad oggi non esistono farmaci in grado di fermare e far regredire la malattia e tutti i trattamenti disponibili puntano a contenerne i sintomi.

Per questo l’approvazione di Aducanumab potrebbe essere un passaggio fondamentale: secondo l’ente americano, che comunque ha chiesto un nuovo test clinico, la terapia messa a punto da Biogen ha le potenzialità per rallentare il decorso della malattia. La decisione della Fda è stata presa nonostante l’opposizione della commissione indipendente di esperti dell’agenzia e di altri esperti in materia di Alzheimer secondo i quali non ci sono prove sufficienti che dimostrino che il farmaco possa davvero aiutare i pazienti.

Aducanumab: In cosa consiste il farmaco?

Il farmaco consiste in una iniezione al mese per via endovenosa che, nella terapia contro il morbo di Alzheimer, può contribuire a rallentare il declino cognitivo dei malati che si trovano allo stadio iniziale della patologia neurodegenerativa. Secondo gli studiosi si tratta del primo trattamento che interessa il corso della malattia e non si limita ad aggredire unicamente i sintomi della demenza.

L’Aducanumab sarebbe il primo farmaco a intervenire in modo diretto sui meccanismi fisiologici dell’insorgere della malattia, ovvero la formazione di placche betamiloidi sul cervello. I test hanno mostrato, nei pazienti con i primi sintomi della malattia, ovvero perdita di memoria e prime difficoltà nel ragionamento, una riduzione di queste placche.

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AIFA: SECONDA DOSE SICURA E GARANTISCE PROTEZIONE

Aifa, seconda dose del vaccino AstraZeneca è sicura. AstraZeneca, il completamento della vaccinazione garantisce il miglior livello di protezione per il virus”

“La seconda dose di vaccino AstraZeneca è sicura”. Questo quanto precisato dall’’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) in seguito alle notizie sul documento di approfondimento sulle complicanze tromboemboliche post-vaccinazione con i vaccini AstraZeneca e J&J.

L’Aifa invita, dunque, a completare la vaccinazione che rappresenta la migliore strategia di contrasto al virus Covid 19.

L’ultimo rapporto pubblicato dall’Aifa su questo vaccino spiega che gli eventi tromboembolici rarissimi possono verificarsi anche con la seconda dose.

Nello studio pubblicato sul sito dell’Agenzia, infatti, si legge che «la riesposizione al vaccino potrebbe portare a manifestazioni cliniche importanti in alcuni soggetti che in occasione della prima dose aveva già attivato una risposta immunitaria anomala, anche se clinicamente non evidente».

Il documento (strutturato in domande e risposte) rappresenta le conclusioni di un gruppo di esperti ed è finalizzato a fornire ai medici non specialisti e al personale sanitario le informazioni attualmente disponibili per identificare precocemente e gestire nel modo più appropriato questo evento avverso rarissimo.

Lo studio è stato condotto dagli esperti in patologie della coagulazione (Gruppo di lavoro emostasi e trombosi) nominati dall’Aifa a supporto della Commissione tecnico scientifica (CTS). L’obiettivo era quello di «approfondire la plausibilità biologica degli eventi, identificare le eventuali strategie di minimizzazione del rischio e indicare le modalità più corrette per la gestione clinica di questi eventi rarissimi».

Inoltre, «anche se nella “classica” HIT (piastrinopenia da eparina, ndr) non vi è evidenza che la riesposizione all’eparina a distanza di più di 3 mesi dal primo episodio sia associata una ricomparsa del fenomeno, nel setting particolare della vaccinazione con Vaxzevria (il siero di AstraZeneca, ndr) non si può escludere che un soggetto che non abbia sviluppato la rara reazione coinvolgente le piastrine con la prima dose, non possa farlo con la seconda».

Gli esperti sottolineano che questi eventi avversi sono davvero rari.

Infatti, al 26 aprile «sono stati riportati 34 casi di trombosi venosi in sedi atipiche, 18 dei quali associati a trombocitopenia. Rispetto alle vaccinazioni con Vaxzevria si osservano quindi 0.45 casi ogni 100.000 vaccinati».

Il gruppo incaricato dall’Aifa ritiene che «eventuali manifestazioni avverse» possano essere «ancora più rare a seguito della seconda dose». Un fattore, questo, ulteriormente rassicurante.

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