OMS: ALTRI DUE FARMACI PER LA CURA DEL COVID

Via libera all’anticorpo monoclonale Sotrovimab (nome commerciale Xevudy) e all’immunomodulante Baricitinib

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha raccomandato due nuovi farmaci, Baricitinib e Sotrovimab, per il trattamento del Covid.

Baricitinib, trattamento artrite

Baricitinib è un farmaco usato da tempo per il trattamento dell’artrite reumatoide. In Italia è approvato per la cura delle polmoniti da coronavirus dallo scorso settembre.  Secondo l’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, è fortemente raccomandato per i pazienti con malattia grave. Frena infatti l’eccessiva stimolazione del sistema immunitario. L’agenzia ginevrina suggerisce che venga somministrato con corticosteroidi.

Le caratteristiche del Sotrovimab

L’Oms ha anche raccomandato in via condizionale l’anticorpo monoclonale Sotrovimab per il trattamento di Covid lieve o moderato in pazienti ad alto rischio di ricovero, ad esempio anziani, immunocompromessi, con condizioni di base come diabete, ipertensione e obesità, e non vaccinati. Gli anticorpi monoclonali, a differenza degli antinfiammatori, vanno somministrati il prima possibile dopo il contagio. Sotrovimab viene indicato come “alternativa a Casirivimab-Imdevimab, un cocktail di anticorpi monoclonali raccomandato dall’Oms nel settembre 2021.

Sono in corso studi sull’efficacia degli anticorpi monoclonali contro” la variante “Omicron, ma dai primi studi di laboratorio sembrerebbe che Sotrovimab mantiene la sua attività”.

Sette studi, coinvolti quattromila pazienti

Le raccomandazioni di oggi, che costituiscono l’ottavo aggiornamento delle linee guida sulle terapie Covid-19, si basano sull’analisi di 7 studi che coinvolgono oltre 4mila pazienti con Covid non grave, grave e critico.

Gli esperti che hanno redatto le linee guida hanno ha anche esaminato altri due farmaci per la patologia grave e critica da Sars-CoV-2: Ruxolitinib e Tofacitinib. Dati i loro effetti incerti, tuttavia, l’Oms ha formulato una raccomandazione condizionale contro il loro uso.

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Chi siamo?

La Farmacia Vittorio Petrone, da 60 anni, si occupa di forniture ospedaliere a cliniche e case di cura private e convenzionate su tutto il territorio nazionale.

Grazie alla maturata esperienza sul mercato e alla costante spinta verso l’ottimizzazione dei propri servizi, oggi la Farmacia Vittorio Petrone può rifornire ospedali, case di cura, industrie, enti, istituti religiosi nonché centri analisi e diagnostici di qualsiasi specialità medicinale, nelle quantità desiderate e ai prezzi più scontati sul mercato.

Omicron, quali farmaci utilizzare per curare il Covid a casa?

Omicron. La variante ormai è entrata nelle case di molti italiani, e continua a far registrare numeri in crescita nelle tendenze della curva pandemica.

Nonostante l’elevata contagiosità, la nuova variante sudafricana, Omicron, avrebbe una minore capacità di intaccare i polmoni, generando sintomi più lievi.

Questa minore «aggressività» non deve spingerci però a trattare Omicron come un normale raffreddore. Fondamentale il contatto con il medico di base. Inoltre, l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha indicato una serie di farmaci da assumere (e da non assumere) in caso di cure domiciliari.

Quali sono i farmaci da prendere, consigliati da AIFA?

In caso di febbre o dolori articolari e muscolari, Aifa indica il paracetamolo o i Fans (farmaci anti-infiammatori non stereoidei). Tranne nel caso di controindicazioni, come le allergie. Non è tutto. Ci sono alcuni farmaci che possono essere utilizzati solo in alcune fasi della malattia. I corticosteroidi (della famiglia del cortisone) sono indicati nei pazienti ospedalizzati con Covid-19 grave che hanno bisogno di ossigeno. Da diversi studi emerge, infatti, che se assunti nei primi giorni della malattia potrebbero avere un impatto negativo sulla risposta immunitaria. Il medico di base può prescrivere corticosteroidi a domicilio se il quadro clinico non migliora entro 72 ore e se in presenza dei parametri di ossigeno nel sangue che richiedano l’uso dell’ossigenoterapia.

Infine il «capitolo eparina». È utilizzata nella profilassi delle tromboembolie per coloro che hanno infezioni respiratorie acute e mobilità ridotta. In questo caso, l’eparina viene indicata per l’intero periodo di immobilità. L’Aifa sconsiglia l’utilizzo routinario ai pazienti Covid non ospedalizzati o che non sono allettati a causa dell’infezione.

Quali sono i farmaci da non prendere?

Secondo le indicazioni di Aifa, nelle prime 72 ore non viene raccomandato l’utilizzo di antibiotici come l’azitromicina. Non solo. Gli antibiotici non sono indicati per trattare le infezioni virali. In questi casi, l’antibiotico può essere preso in considerazione se i sintomi durano dai 2 ai 3 giorni e se c’è il sospetto di una sovrapposizione batterica a quella virale.

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FARMACI: STESSI EFFETTI SU UOMINI E DONNE?

Quanto conta il genere quando parliamo di malattie e farmaci?

Stando ai dati riferiti dall’Agenzia italiana del farmaco, lo scorso anno circa sei cittadini su dieci hanno ricevuto una prescrizione di farmaci, con una differenza tra uomini (57,4%) e donne (65,5%).

Le donne in particolare, specie nella fascia d’età compresa tra i 20 e i 64 anni, hanno dimostrato una prevalenza d’uso superiore agli uomini. Eppure, sebbene la popolazione femminile consumi più farmaci rispetto a quella maschile, la ricerca scientifica per lungo tempo non ha tenuto conto delle differenze fisiologiche tra uomo e donna, e i farmaci sono stati pensati principalmente per pazienti di sesso maschile.

Per lungo tempo le donne sono state escluse dalle sperimentazioni scientifiche necessarie a introdurre nuovi farmaci in commercio. Questo perché si pensava che qualsiasi molecola potesse avere un effetto teratogeno nel caso in cui il farmaco fosse stato assunto da donne in gravidanza. In secondo luogo, la donna è un sistema molto più complesso da studiare: “Esistono molte donne, in tanti periodi diversi della loro vita: le sperimentazioni cliniche dovrebbero arruolare pari numero di donne e di uomini, ma le donne dovrebbero essere arruolate anche in modo preciso per classe anagrafica. ’’

Ancora, va considerato che durante la gravidanza le donne cambiano molto la loro fisiologia e quindi l’assunzione di farmaci in determinati periodi, importanti e di estrema variabilità come questo, o come la menopausa, devono essere studiati proprio perché altrimenti il vuoto conoscitivo che oggi esiste sul campione femminile non fa che aumentare.

Esistono ragioni precise che determinano una diversa risposta ai farmaci nella donna e nell’uomo, da ricondurre a specifiche differenze biologiche.

La farmacologia, in generale, si suddivide in due branche, la farmacocinetica, cioè il percorso che un farmaco compie all’interno del corpo umano dalla sua assunzione fino alla sua eliminazione, e la farmacodinamica, che studia gli effetti del farmaco a livello di efficacia e tossicità.

Ebbene, queste due branche hanno grandi differenze in ambito biologico. Esistono molte differenze biologiche che caratterizzano e definiscono l’organismo femminile e quello maschile. Intanto la velocità di svuotamento gastrico, per esempio, nelle donne è decisamente più lenta, rispetto a quella maschile. Dunque la capacità di svuotare lo stomaco è diversa nella popolazione maschile e in quella femminile, e di questo si deve tener conto in considerazione del fatto che molti farmaci devono essere somministrati a stomaco pieno e altri a digiuno.

Il ph stesso dello stomaco, dal punto di vista fisiologico, gastrico, è differente e l’interazione con l’ambiente acido, l’ambiente basico diverso fra lo stomaco femminile e quello maschile può indurre un diverso effetto idrolizzante sui farmaci, cioè di scomposizione del farmaco.

Inoltre, le donne hanno una maggior componente di massa grassa, gli uomini invece di massa magra, quindi i muscoli sono più presenti e sviluppati nella popolazione maschile. Questo è dovuto a questioni di genere, perché lo sport è più praticato nella popolazione maschile, le donne sono molto più sedentarie e ciò induce uno sviluppo di massa muscolare diverso nell’uomo e nella donna. In queste ultime, c’è più tessuto adiposo, distribuito in zone diverse, mentre nell’uomo c’è più tessuto magro, più muscoli. I farmaci, dunque, soprattutto quelli lipofilici, vanno a distribuirsi in modo diverso, perché si trovano di fronte a un organismo costituito in modo diverso.

Ma le differenze di cui tener conto sono anche altre. Molte proteine che regolano la distribuzione dei farmaci, dalle glicoproteine alle albumine, sono espresse in modo diverso nella popolazione maschile e nella popolazione femminile, perché tutte le proteine vengono prodotte a partire dalle informazioni contenute a livello genetico.

Ma non è solo la genetica a fare la differenza. Molte proteine vengono espresse anche a seguito dell’interazione ormonale e quindi se si considerano le proteine espresse a livello di informazione genetica, utili per il trasporto e per la distribuzione dei farmaci, e di interazione ormonale, si ottiene un quadro definitivo molto diverso fra la popolazione femminile e quella maschile. Ancora, la velocità di filtrazione glomerulare, e cioè il modo in cui i nostri reni svuotano, ripuliscono in modo concreto il sangue da tutte le sostanze che vi si trovano all’interno, è diversa tra l’uomo e la donna. Di conseguenza, la velocità di eliminazione dei farmaci sarà assolutamente differente, andando a impattare sull’uomo e sulla donna, e dunque sulla durata, sull’efficacia e sulla eventuale tossicità di un trattamento farmacologico.

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L’azienda, nota in tutto il territorio campano, si è gradualmente evoluta, e grazie all’intuizione ed alla competenza del titolare, il Dott. Vittorio Petrone in collaborazione con Rita Patrone, ha esteso il campo di azione dal cliente al dettaglio, fino alle aziende sanitarie, cliniche ed ospedaliere.

Pillola anti covid Merck e remdesivir, ok dall’ Aifa

La pillola anti Covid di Merck è in arrivo in Italia.

Molnupiravir approderà dal prossimo 4 gennaio. A farlo sapere il 30 dicembre scorso era stata l’Agenzia italiana del farmaco Aifa nella nota in cui annunciava l’autorizzazione da parte del suo Cts di questo antivirale orale e dell’antivirale remdesivir “per il trattamento di pazienti non ospedalizzati per Covid con malattia lieve-moderata di recente insorgenza e con condizioni cliniche concomitanti che rappresentino specifici fattori di rischio per lo sviluppo di una forma grave”.

Il molnupiravir è un antivirale orale, il cui utilizzo è indicato entro 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi. L’assunzione prevede 4 compresse da 200 milligrammi 2 volte al giorno. La determinazione Aifa relativa alle modalità di utilizzo è stata pubblicata il 29 dicembre sulla Gazzetta ufficiale ed è diventata efficace dal 30 dicembre. Per la prescrizione del farmaco è previsto l’utilizzo di un Registro di monitoraggio accessibile online sul sito dell’Agenzia.

Remdesivir è stata recentemente autorizzata dall’Agenzia europea del farmaco Ema un’estensione di indicazione relativa al trattamento dei soggetti non in ossigenoterapia ad alto rischio di Covid-19 grave e il farmaco può essere utilizzato fino a 7 giorni dall’insorgenza dei sintomi. La durata del trattamento, che consiste in una somministrazione endovenosa, è di 3 giorni. Anche per questa nuova indicazione è previsto l’utilizzo di un Registro di monitoraggio, accessibile dal 30 dicembre sul sito dell’Agenzia.

COS’E’ IL MOLNUPIRAVIR, QUANDO SI USA E COME?

La terapia deve cominciare “il prima possibile” dopo la diagnosi, ed “entro 5 giorni dall’inizio dei sintomi”. Il farmaco, che è disponibile in capsule, dovrà essere assunto “2 volte al giorno per 5 giorni”. Il suo utilizzo “non è raccomandato in gravidanza”. E l’allattamento al seno “deve essere interrotto durante il trattamento e per 4 giorni dopo il trattamento”. Il medicinale può essere utilizzato per trattare adulti con Covid che non richiedono ossigeno supplementare e che sono a maggior rischio di sviluppare malattia grave.

Dallo studio principale su pazienti non ospedalizzati e non vaccinati con almeno una condizione di base che li metteva a rischio di Covid grave, è emerso che: la pillola antivirale, somministrata alla dose di 800 milligrammi 2 volte al giorno, ha dimezzato il rischio di ospedalizzazione e morte quando il trattamento è iniziato entro 5 giorni dai primi sintomi. Circa un mese dopo l’inizio del trattamento, il 7,3% dei pazienti (28 su 385) che hanno assunto il farmaco, rispetto al 14,1% (53 su 377) di quelli che hanno preso il placebo, è stato ricoverato o ha avuto un esito infausto; nessuno dei pazienti del gruppo trattato è morto, rispetto agli 8 pazienti del gruppo placebo. In termini di sicurezza, gli effetti indesiderati più comuni riportati durante il trattamento e nei 14 giorni successivi all’ultima dose sono stati diarrea, nausea, vertigini e cefalea, tutti di entità lieve o moderata.

Il farmaco non è raccomandato anche nelle donne che potrebbero iniziare una gravidanza e non utilizzano un contraccettivo efficace. Questo perché studi di laboratorio sugli animali hanno dimostrato che dosi elevate” del medicinale “possono influire su crescita e sviluppo del feto”.

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