AIFA BLOCCA BUSCOPAN ANTIACIDO E ZANTAC

L’AIFA – agenzia italiana per il farmaco – ha disposto il divieto in via del tutto precauzionale per i prodotti  antiacido contenenti ranitidina, usati per alleviare bruciori di stomaco e reflusso, dopo aver già ritirato 195 farmaci con lo stesso principio attivo prodotti dalla ditta indiana Saraca Laboratories per possibili impurità cancerogene. È infatti in attesa di verificare se esiste effettivamente un rischio legato all’uso prolungato di questi farmaci.

A cosa serve la ranitidina?
La ranitidina (antagonista dei recettori H2 dell’istamina) è un inibitore della secrezione acida utilizzato nel trattamento dell’ulcera, del reflusso gastroesofageo, del bruciore di stomaco e di altre condizioni associate a ipersecrezione acida. In Italia è commercializzata sia come farmaco soggetto a prescrizione medica, sia come medicinale di automedicazione.

Perché si tratta di una sostanza pericolosa?
Sotto accusa è la Ndma (N-nitrosodimetilammina) considerata una sostanza probabilmente cancerogena per l’uomo dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
La N-nitrosodimetilamina, è stata riscontrata prima nel principio attivo ranitidina prodotto dall’officina Saraca Laboratories, ma al momento si stanno effettuando delle analisi per verificare la presenza di NDMA anche nella ranitidina prodotta da altri siti.

Quali sono i farmaci ritirati?
L’elenco diffuso dall’AIFA, fra cui rientrano prodotti molto diffusi, come Buscopan Antiacido e Zantac, contiene circa 516 lotti di farmaci vari. Si tratta di farmaci che sono stati bloccati, ovvero non ancora ritirati dalla catena di vendita e distribuzione, ma per i quali è stato imposto un divieto di commercializzazione e di utilizzo in attesa che le analisi chiariscano se sia o meno il caso di ritirarli. Aifa consiglia di consultare il sito dell’Agenzia del Farmaco per visualizzare l’elenco completo dei farmaci ancora autorizzati in Italia: i pazienti che sono in cura con questi farmaci, non devono sospendere il trattamento, ma consultare il medico di base o il farmacista in caso di dubbio, per discutere l’alternativa terapeutica più adatta alle esigenze.
L’AIFA sta ora collaborando con l’Agenzia Europea per i medicinali (Ema) e altre agenzie per valutare il grado di contaminazione nei prodotti e adottare misure correttive.

Cefazolina, il principio attivo efficace contro le infezioni

La Cefazolina è un farmaco essenziale di classe A, un antibiotico di tipo β-lattamico, che necessita della ricetta medica e va somministrato nei casi di effettiva necessità, sempre e solo sotto il diretto controllo del medico. La cefazolina è, fra tutte le celefasporine di prima generazione, la meno irritante.

Per cosa si usa?

L’utilizzo della Cefazolina è indicato per il trattamento d’infezioni causate da batteri sensibili alla cefazolina stessa, fra cui: infezioni delle vie aeree, infezioni genito-urinarie, infezioni ginecologiche, infezioni della pelle e dei tessuti molli, delle ossa e delle articolazioni. E’, inoltre, utilizzata per il trattamento di endocarditi, flebiti, tromboflebiti, peritoniti, sepsi puerperali, setticemia.

Quale è la dose consigliata?

La dose giornaliera raccomandata negli adulti varia da 1000 a 2000 mg, suddivisi in due dosi. Nei bambini, il dosaggio va da 30 a 50 mg/kg di peso corporeo, nell’arco delle 24 ore. La Cefazolina è disponibile per la somministrazione intramuscolare. Si trova sotto forma di polvere e solvente per soluzione iniettabile che devono essere miscelati appena prima della somministrazione del farmaco stesso. La posologia della cefazolina deve essere stabilita dal medico in funzione del tipo e della gravità dell’infezione che s’intende trattare e in funzione delle condizioni di salute del paziente.

Avvertenze?

Prima di iniziare la terapia a base di cefazolina è necessario escludere eventuali allergie nei confronti di antibiotici β-lattamici. In caso di comparsa di reazioni allergiche, il trattamento con cefazolina deve essere immediatamente sospeso. Il trattamento con cefazolina, difatti, può favorire lo sviluppo di batteri resistenti all’antibiotico stesso, oppure può favorire la comparsa di superinfezioni e l’insorgenza della colite pseudomembranosa. I casi lievi di colite pseudomembranosa, di solito, si risolvono con la semplice interruzione del trattamento. I casi più gravi, invece, richiedono un trattamento farmacologico. Ed è per questo che va usata cautela nella somministrazione di cefazolina a pazienti che hanno sofferto di patologie gastrointestinali, in particolar modo, di colite. A causa della nefrotossicità della cefazolina, ossia l’azione tossica che esercita sui tessuti renali, nei pazienti con sospette patologie renali è fondamentale eseguire opportuni controlli della funzionalità renale prima di cominciare il trattamento con il farmaco. Nei pazienti sopra i 50 anni di età, quelli con una storia di patologie renali e i pazienti che assumono anche altri farmaci nefrotossici si presenta un rischio maggiore d’insorgenza di tossicità renale.

Quali sono gli eventuali effetti collaterali?

La Cefazolina può causare vari tipi di effetti collaterali: che si presentano a seconda della diversa sensibilità di ciascun individuo nei confronti del farmaco. Tra le reazioni si possono manifestare orticaria, eruzioni cutanee, febbre, dermatite, edema, convulsioni, spesso dovute anche ad un sovradosaggio da cefazolina, ect. Generalmente gli effetti indesiderati, a carico del sistema gastro-intestinale, sono lievi e transitori. L’uso di Cefazolina in gravidanza dovrebbe essere effettuato solo in casi di reale necessità.

Carenza farmaci, un fenomeno europeo

L’Italia è il primo produttore ed esportatore farmaceutico dell’Unione Europea, con un fatturato di 32 miliardi di euro nel 2018. Anche i grossisti possono legittimamente esportare, in assenza di specifici provvedimenti, ma le industrie, per molti prodotti, tagliano circa l’80% gli ordini dei grossisti, cagionando il fenomeno delle carenze medicinali.

La ‘‘carenza di un medicinale’’ si verifica quando l’offerta non soddisfa la domanda a livello nazionale. Il fenomeno non riguarda soltanto l’Italia, ma ha portata mondiale ed è costantemente monitorato dall’Agenzia Italiana del Farmaco. Secondo un sondaggio ad opera del Pharmaceutical Group of the European Union (Pgeu), ben 21 Paesi ne hanno sofferto nel 2018; non è infatti limitato ai Paesi con prezzi bassi, ma è presente anche in quelli con prezzi più alti come la Germania e il Regno Unito. Questo alleggerisce le responsabilità del ‘‘parallel trade’’ o meglio dell’esportazione parallela.

Anche l’Agenzia europea Ema ha avviato una rubrica sul proprio sito segnalando le ‘‘rotture’’ in fase di produzione, soprattutto di quella delocalizzata in Paesi dell’Estremo Oriente, dove la burocrazia e i successivi controlli sanitari delle case produttrici possono provocare interruzioni e ritardi.

Al fine di prevenire gli stati di carenza di medicinali, oggi l’AIFA può adottare il provvedimento di blocco temporaneo delle esportazioni di farmaci nel caso in cui si renda necessario limitare gli stati di carenza di un determinato medicinale. È altresì importante, in questo frangente, vincolare le aziende ad immettere sul mercato una quantità di prodotto sufficiente a soddisfare la richiesta del territorio, nonché facilitare l’importazione dall’estero, da parte dei grossisti e degli importatori, di quei prodotti di cui l’industria preannunci un’interruzione produttiva.

Farmaci, un valore per il 41% degli italiani

Un’indagine realizzata dal Censis su un campione rappresentativo di 1500 italiani, dai 18 anni in su, e su 13 testimoni privilegiati tra cui giornalisti, esperti di comunicazione, intellettuali e politici, rivela che il 41% degli italiani riconosce il valore del farmaco per potersi curare. Tuttavia, è anche altro ad emergere, e cioè che la gran parte degli italiani non ha una considerazione positiva delle aziende farmaceutiche.

Il punto principale è che, nel corso degli ultimi decenni, la relazione tra i pazienti e il Sistema medico, è stata danneggiata dall’eccessiva intrusività di un’industria farmaceutica sempre più ‘ orientata al profitto ’. Le imprese farmaceutiche sono ‘aziende normali’ come tutte le altre aziende e, per sopravvivere, hanno bisogno di creare profitto.

A tal fine esse hanno adottato strategie ben definite per aumentare il proprio ‘giro di affari ’. Ma tutto questo, per alcuni, sembra essere avvenuto alle spese della salute dei pazienti.

Il 37% ritiene che a prevalere sia la ricerca del profitto da parte delle aziende farmaceutiche, mentre il 45% le incolpa per i prezzi elevati e la scarsa accessibilità ai nuovi farmaci.

In realtà l’innovazione farmaceutica è in continua crescita. I costi della ricerca sono però così alti tanto da essere un ostacolo che impedisce di garantire a tutti i pazienti l’accesso alle terapie migliori. Proprio per questa ragione è indispensabile una collaborazione fra pubblico e privato, basato su un rapporto di fiducia.

“L’orizzonte futuro della Sanità presenta grandi cambiamenti – dichiara Nello Martini, direttore della Fondazione Onlus Ricerca e Salute. Abbiamo di fronte la medicina rigenerativa, per esempio con la terapia genica; la medicina di precisione o personalizzata, che in oncologia per esempio è basata sul modello mutazionale e sulla disponibilità di nuovi farmaci oncologici attivi sulla mutazione indipendentemente dalla sede del tumore; la medicina della cronicità che riassorbe il 70-80% delle risorse programmate del Fondo Sanitario Nazionale, per cui è necessario gestire i costi assistenziali integrati dell’intero processo assistenziale (PDTA) superando la gestione a silos. Tutte queste sfide si possono affrontare solo ripensando il modello del sistema-salute e rivedendo i metodi di governance sanitaria, altrimenti non sarà possibile erogare le cure, non solo per i costi ad esse associati, ma anche per l’assenza di un sistema in grado di erogarle in maniera funzionale”.

Albumina, cos’è e a cosa serve

L’Albumina è una proteina contenuta nel sangue, molto importante per la nostra salute: indica infatti se fegato e reni funzionano alla perfezione.
Che cos’è l’albumina?
Si tratta della proteina sintetizzata dal fegato più abbondante nel plasma (la parte fluida del sangue), tanto che da sola ne costituisce circa i due terzi del contenuto proteico totale. La sua carenza si ha in presenza di una grave denutrizione, quando il fegato va incontro a cirrosi o quando i reni cominciano a non funzionare bene.

L’albumina ha numerose funzioni: trasporta una vasta gamma di sostanze, numerosi ormoni (l’estrogeno e il cortisolo) quando le globuline specifiche sono saturate, la bilirubina non coniugata, mantiene costante la pressione oncotica del plasma e possiede un potere antiossidante in quanto è la maggiore fonte extracellulare di gruppi sulfidrilici noti sequestratori di radicali liberi. Chi soffre di patologie croniche del fegato e dei reni corre un rischio maggiore di alterazioni dei livelli di questa proteina, così come i pazienti che soffrono di disturbi di assorbimento a carico dell’apparato digerente e chi soffre di diarrea cronica.
Quali sono i valori normali di albumina?
Generalmente al di sotto di 7,2 mcg\min sono considerati normali. L’albumina dovrebbe rappresentare il 50%-60% delle proteine plasmatiche. Tra 7,2 e 15 mcg/min di incerto signifcato, tra 15 e 150 si parla di microalbuminuria e al di sopra dei 150 di macroalbuminuria.
Cosa mangiare in caso di albumina bassa?
In caso di albumina bassa è opportuno consumare cibi che possono aiutare a drenare liquidi e allo stesso tempo che permettano un aumento dei valori della proteina plasmatica. Uno degli alimenti che risulta utile in questi casi è l’uovo, una vera e propria fonte preziosa di albumina. Quest’ultima è presente anche, in dosi inferiori, nel latte, nella carne, nel pesce. Mantenere una buona idratazione è fondamentale quindi via libera all’acqua e ad altri liquidi.
Come varia l’albumina in gravidanza?
La presenza di un valore molto elevato di albumina specie nelle urine espone a rischi importanti. In gravidanza ad esempio è uno dei marcatori che, presenti nelle urine, ci aiutano a fare diagnosi di gestosi (o preeclampsia), o essere associati ad una pressione arteriosa troppo alta. Viceversa, valori troppo bassi possono essere sintomo di cattivo funzionamento del fegato, un problema di iperattività della tiroide o anche semplicemente di una dieta troppo drastica povera di proteine e con pochi liquidi.
Che cos’è l’albumina Alfa-1?
Sono proteine globulari che si trovano nel plasma sanguigno e che vengono prodotte dal fegato: sono le principali componenti della porzione plasmatica, insieme con le alfa 2 globuline e l’albumina e si occupano del trasporto degli ormoni e dei lipidi.