Farmaci: un vademecum per non sbagliare

L’assunzione di farmaci è un gesto importante che va fatto con criterio e consapevolezza.

Quando si assumono farmaci è necessario seguire le modalità di assunzione.

Spesso succede di raddoppiare il dosaggio perché si assume il farmaco prima che sia trascorso un determinato periodo dall’assunzione precedente. Assumere una medicina al di sopra della sua dose massima può portare ad avere effetti collaterali e tossici.

Inoltre, è opportuno non interrompere una cura perché “la medicina non dà nessun giovamento” nel caso, ad esempio, di un paziente iperteso che non vede subito beneficio. Oppure interromperla perché “si sta già meglio” nel caso di un paziente affetto da diabete o malattia cronica che vede al contrario un giovamento immediato. Anche nel caso di terapia antibiotica, sospendendo si rischia che i batteri possano riprendere vigore.

Non bisogna utilizzare un farmaco usato in passato per sintomi analoghi senza prima consultare il medico o il farmacista.

I farmaci devono essere conservati in un luogo asciutto e lontano da fonti di calore. L’umidità e gli sbalzi di temperatura possono creare problemi ai farmaci per cui l’ideale sarebbe tenerli in un cassetto. Questo soprattutto per sciroppi, pomate ed unguenti che sono deperibili.

Quando si viaggia, poi, bisogna fare attenzione ai medicinali in quanto se si superano i 25 gradi il prodotto potrebbe deteriorarsi. Se si parcheggia l’auto al sole, per esempio, il suggerimento sarà quello di portare il farmaco con sé.

Le compresse gastroresistenti non devono essere divise in quanto hanno un film esterno. In commercio esistono tante tipologie di farmaci per cui bisognerà sempre chiedere al proprio medico o al farmacista una formulazione più semplice da prendere.

Infine quando si prendono farmaci un altro consiglio sarà quello di bere a sufficienza in quanto la riduzione dell’idratazione peggiorerà la funzione renale ed aumenterà la possibilità di effetti collaterali da farmaci.

FARMACI SCADUTI, COSA INDICA LA SCADENZA?

Per evitare rischi e pericoli, sia per l’ambiente che per le persone, è importante verificare regolarmente la data di scadenza dei farmaci e smaltire correttamente quelli che risultano ormai scaduti.

La data di scadenza di un farmaco non indica il limite temporale oltre il quale il medicinale diventa pericoloso, ma stabilisce il limite entro il quale il produttore assicura la sua piena efficacia e sicurezza.

Di solito, questo intervallo di tempo è tra 1 e 5 anni, ma dipende anche da come vengono conservati.

Una ricerca condotta dalla Food and drug administration, l’ente che regola i farmaci in America, ha evidenziato che i farmaci perfettamente conservati possono essere tranquillamente assunti anche diversi mesi dopo la loro scadenza.

Questo però non consente di affermare che tutti i farmaci scaduti siano sicuri: è fondamentale un’analisi attenta.

Un aspetto importante da considerare è che, per alcune tipologie di farmaci, l’apertura delle confezioni può non rendere più valida la data di scadenza indicata.

Ad esempio, un flacone di collirio si può considerare scaduto dopo 15-20 giorni dall’apertura. Le compresse e le pillole sono in genere più stabili rispetto alle soluzioni liquide o delle sospensioni. Infatti, la formulazione in compresse resta stabile del 100% fino a 24 mesi dopo la scadenza, non è così per i medicinali in forma liquida, come gli iniettabili, i colliri, gli sciroppi, i quali non andrebbero mai utilizzati scaduti perché potrebbero essersi alterati.

In ogni caso, se aprendo la confezione del farmaco, notiamo dei cambiamenti come colore insolito, odore forte o cambiamenti di consistenza, il consiglio è quello di buttarlo.

Per quanto riguarda i farmaci «a basso indice terapeutico» anche piccole diminuzioni di attività farmacologica possono provocare pesanti ripercussioni sul paziente e sulla sua patologia, farmaci come gli anti-convulsivi, gli anti-coagulanti, i contraccettivi e gli ormoni tiroidei.

Dunque, è sempre opportuno controllare la data di scadenza almeno ogni sei mesi, cercando nel cassetto o nell’armadietto dei farmaci quelli che non sono più utilizzabili e cestinarli.

COVID 19, UE FIRMA ACCORDO PER REMDESIVIR, UNICA TERAPIA PER LA CURA DEL COVID

Remdesivir, unica terapia approvata ad oggi per la cura di Covid, rischio carenza?

Remdesivir è un antivirale nato come anti-Ebola che negli studi ha mostrato un’interessante attività contro Sars-CoV-2.

Il farmaco, di fascia H (solo per uso ospedaliero), è in commercio da circa un mese, dopo l’approvazione dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema).

Il remdesivir può essere usato solo in pazienti adolescenti (di età pari o superiore ai 12 anni) o adulti con polmonite che richiedono ossigenoterapia supplementare.

Difatti è l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), su richiesta del medico ospedaliero, ad approvare la somministrazione al singolo paziente. Una strategia volta a evitare sprechi ed eccesso di prescrizioni.

L’Agenzia europea per i medicinali ha concesso, il 3 luglio, l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata, sulla base dei dati clinici dello studio randomizzato in doppio cieco verso placebo ACTT-1, che ha dimostrato efficacia e sicurezza di remdesivir nei pazienti affetti da Covid con polmonite che necessitano di ossigenoterapia supplementare.

Il problema della carenza del medicinale potrebbe essere risolto in tempi celeri.

La Commissione Europea ha firmato un contratto per l’acquisto di 500mila cicli di trattamento con Veklury, con la possibilità di aumentare in un secondo momento la fornitura.

All’accordo partecipano tutti i Paesi della Ue e dello Spazio Economico Europeo, il Regno Unito, sei Paesi candidati all’ingresso nell’Unione e altri potenziali candidati.

I 36 Paesi in totale che hanno firmato, potranno acquistare, seguiti dalla Commissione Europea, le quantità necessarie a far fronte ai bisogni attuali e futuri. Il contratto sarà valido per 6 mesi e potrà essere rinnovato per due successivi periodi di 6 mesi ciascuno.

Oltre al Remdesivir, ci sono altri farmaci che si sono dimostrati efficaci nella cura di Covid. I farmaci sono desametasone ed enoxaparina, entrambi in fascia A (ovvero a carico del Servizio sanitario e acquistabili in farmacia dietro presentazione di ricetta medica).

AIFA, RAPPORTO SULL’USO DI FARMACI IN GRAVIDANZA

L’Aifa ha presentato il primo rapporto OsMed sull’ “uso dei Farmaci in gravidanza”.

È stato presentato il 29 settembre, in diretta Youtube, dalla sede dell’Agenzia Italiana del Farmaco il primo rapporto OsMed “L’uso dei Farmaci in gravidanza”.

Il Rapporto sull’uso dei Farmaci in gravidanza rappresenta, secondo il Direttore Generale dell’AIFA Magrini, ultimo arrivato nella collana dei rapporti OsMed, l’Osservatorio sull’impiego dei medicinali che da vent’anni rappresenta il principale mezzo di monitoraggio dei consumi e della spesa dei medicinali sul territorio nazionale, una svolta nell’utilizzo dei dati.

Questo perché unisce database di diversa natura sfruttando un modello virtuoso di collaborazione tra istituzioni, gruppi di lavoro e ricercatori.

Lo scopo del Rapporto è il monitoraggio e l’analisi delle prescrizioni in gravidanza e della varietà delle pratiche prescrittive tra regioni e in sottogruppi di popolazione.

Grazie al Rapporto è nata una rete tra istituzioni centrali, Regioni, accademia e clinici, una infrastruttura che è adesso a disposizione del Servizio Sanitario Nazionale. Lo studio costituisce inoltre un patrimonio informativo da utilizzare sul territorio per modificare pratiche cliniche inappropriate.

I Principali dati del rapporto

-I farmaci più prescritti in gravidanza appartengono alla categoria terapeutica del sangue e degli organi emopoietici, seguiti dagli antimicrobici per uso sistemico e dai farmaci del sistema genito-urinario e ormoni sessuali.

-I quattro principi attivi maggiormente utilizzati sono:

l’acido folico (34,6%)

il progesterone (19%)

il solfato ferroso (18,8%)

l’amoxicillina/acido clavulanico (11,5%).

-Le prescrizioni risultano tendenzialmente in linea con la scelta di principi attivi compatibili con la gravidanza.

-L’impiego di acido folico è ancora al di sotto dei livelli raccomandati dalle linee guida nazionali e internazionali.

-I farmaci a maggior rischio di inappropriatezza sono i progestinici per la prevenzione dell’aborto spontaneo e gli antibiotici.

-Lombardia e Veneto mostrano le percentuali minori di prescrizioni in gravidanza in tutti i trimestri, e per tutte le Regioni si osserva un trend prescrittivo crescente all’aumentare dell’età materna.

-Nelle donne con parti plurimi acido folico, preparati a base di ferro ed eparinici, insieme agli ormoni sessuali e agli antimicrobici, sono le prime categorie per frequenza prescrittiva.

-Le cittadine straniere hanno complessivamente una prevalenza d’uso di farmaci minore rispetto alle italiane, mentre il maggior numero di prescrizioni riguardano le donne del continente africano, indiano e sudamericano.